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HomegeneraleVaniggio la recensione di “Solo un sogno”

Vaniggio la recensione di “Solo un sogno”

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Vaniggio la recensione di “Solo un sogno”.

Vaniggio è lo pseudonimo dietro il quale si cela Ivan Griggio, artista con una carriera più che ventennale.

Un curriculum vitae fatto anche di militanze in band quali Versivari e Matamachete con aperture di concerti per Marillion, Ligabue e tanti altri.

Pur essendo un polistrumentista nel disco Vaniggio è supportato da Roberto Panzeri alla batteria, Cristiano Arcioni all’hammond e al piano, Diego Belluschi alla chitarra elettrica e Roberto Invernizzi alla chitarra acustica.

Vaniggio la recensione di “Solo un sogno”

Ascoltando “Solo un Sogno”, da ex musicista non posso non notare una forte componente bassistica.

Uno stile mai invasivo ma sempre essenziale che dona eleganza al Rock di canzoni quali il singolo “A Volte Basta” e “Dai un Nome Alle Cose”.

Un Rock che tende spesso e volentieri a ricalcare i fasti di quello anni novanta proveniente dall’America.

Dal nuovo continente infatti in quel periodo vennero sfornati il Grunge e band quali Hootie & the Blowfish e Toad the Wet Sprocket.

Vaniggio riesce però a trrsformare questo tipo di Rock, a farlo suo e ad “italianizzarlo”.

Basta ascoltare infatti “Mai Come Sembra” e “Stessi Sbagli” (che ha tanto di Pearl Jam ma anche di Punkreas) per capire meglio quanto appena scritto.

Lo stile e gli arrangiamenti Solo un sogno

Il songwriting non appare mai scontato, persino in brani quali “Ogni Vestito”, una ballad mascherata da hit “dura e granitica”.

Per essere un disco d’esordio “Solo un Sogno” ha numerosi spunti interessanti (soprattutto in “Amoreuncazzo”, in cui il basso dà il meglio di sé).

In “Una carezza Non Vuol Dire Amore”  i ritmi vengono rallentati, prendendo spunto (unico episodio nel disco) più dalla generazione di Woodstock che da quella di Kurt Cobain & co.

Discorso simile in “Favole”, canzone in rima dalle molte venature e sfaccettature Rock.

E’ proprio il caso di dirlo: “buona la prima!”.

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