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    MATTIA: un esordio di grandi radici

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    MATTIA: un esordio di grandi radici musicali.

    Sono grandi e pregiate le radici di MATTIA, giovane voce del pop d’autore italiano che proprio in quest’ultima parte del 2019 pubblica un suo primo disco dal titolo “Labirinti umani”. Ci troviamo di fronte ai dettami stilistici della musica mainstream di sottilissimo gusto, raffinata e anche ambiziosa nonostante l’ingenuità che è doveroso ritrovare nelle prime opere. Anche se in questo disco, va detto, si sente subito come il mestiere sia nel sangue di MATTIA… E sono pregiate le sue origini, dicevamo, visto che i suoi nonni sono artisti di fama internazionale, Mirella Freni (cantante d’opera che ha calcato per 50 anni palchi come Scala di Milano e Metropolitan di New York) e Leone Magiera (pianista, musicista, ex direttore di diversi teatri tra cui la Scala, e maestro dei prodigiosi modenesi Freni e Pavarotti). E basta osservare la qualità sia tecnica che letteraria di questo primo video ufficiale della title track del disco per capire quanto sia ricca e premurosa la mano del cantautore che sta dietro questa autoproduzione in cui lui stesso è uno dei principali attori della scena. Adesso però mi fermo in questa intervista, curioso e affascinato da un disco che ha tutte le carte di una forte personalità.

    Il primo disco di MATTIA… ecco partiamo dal nome. Presentarsi con MATTIA, cosa rappresenta per te (oltre ovviamente al nome stesso)?

    Mi piace molto il mio nome perchè racchiude in sé la follia, l’essere matto, l’impulsività che mi caratterizza. Ed è il femminile di Matteo, quindi forse evoca in sé una spiccata sensibilità o diversità. Non sono proprio il tipo da nome d’arte perché amo le cose semplici. E mi sarei sentito presuntuoso o altezzoso dandomi uno pseudonimo al mio primo album. Forse io sono questo, un ragazzo un po’ matto, molto sensibile e semplice. Penso molto, a volte troppo, e sono senz’altro una persona ansiosa. Vivo le emozioni in grande, a volte sono proprio controllato dalle emozioni che mi guidano o mi bloccano addirittura. Ecco forse sono un po’ un mix di tutti questi aspetti: semplicità, razionalità, ingenuità, istinto, ed emotività.

    Mattia, Ci racconti questa copertina? In bilico tra la solitudine e l’energia dei colori… ci sono diverse chiavi di lettura non trovi?

    La copertina è stata pensata insieme a un amico, Jonathan Antoine Picard, che prima ancora di essere un grafico è un artista. Per questo ci siamo trovati molto in sintonia nel progettare le copertine di album e singoli. Abbiamo creato immagini che funzionassero da un punto di vista estetico legandole a dei significati e a dei riferimenti simbolici e questo è stato fondamentale.
    Come fondamentale uno stile stilizzato della grafica perché volevo qualcosa di semplice che mi rispecchiasse, ma che non fosse scontato.
    Lo sfondo, colorato, coi palazzi, rappresenta il mondo circostante, un luogo in cui ti puoi perdere. E rappresenta i labirinti emotivi che danno il titolo all’album. Io sono immerso in questi labirinti, spento, in bianco e nero. Perché sempre alla ricerca di me stesso nel confronto con il mondo esterno. Nella copertina dell’album come in quella dei vari singoli troviamo la simbologia delle lacrime, dei colori sullo sfondo, e del black & white, quasi fossero una costante. Tre elementi in conflitto. Il mondo colorato che ci circonda e ci avvolge e noi immersi in questo luogo labirintico a provare emozioni, a scontrarci, a giocare, lavorare, a vivere, a piangere… Pronti a colorarci con il confronto con l’universo. Destinati a versare emozioni per ogni incontro che facciamo.

    Il primo video di lancio… cosa rappresentano queste bende, questo essere non vedenti…?

    Spesso nelle relazioni si condividono spazi fisici che sono ben lontani dall’essere condivisi mentalmente. Condividiamo un letto, un divano, un tetto ma i nostri cuori non si incontrano così facilmente e così finiamo per essere invisibili l’uno all’altro.
    Oggi d’altronde comunichiamo più con i social che a parole. Una volta ogni famiglia aveva un telefono fisso in casa e ci si telefonava… Oggi bastano messaggini, anzi delle emoticon e così siamo non vedenti e non curanti di chi abbiamo davanti. Continuiamo tuttavia a cercare linfa vitale e a lottare per riempire un piccolo vuoto. E cerchiamo, combattiamo, ci rincorriamo, ci perdiamo.
    Le bende rappresentano metaforicamente tutti gli ostacoli che ci impediscono di comunicare, di ascoltarci e di riconoscerci.

    MATTIA foto

    Dov’è stato girato? Una location assai suggestiva e solitaria…

    È stato girato a Bologna in un appartamento in pieno centro, una location davvero insolita. Originariamente volevamo ambientarlo in una fabbrica abbandonata, o in un qualche rudere distrutto proprio per evocare questo senso di perdizione e desolazione fedele alla storia che volevo raccontare.
    Ma una volta trovata questa location ho subito sentito che era il posto perfetto. Tante stanze immense, comunicanti l’una all’altra, carta da parati, specchi, muri scrostati, affreschi, poltrone antiche… Un luogo davvero magico e d’impatto.
    E ci tengo a ringraziare Silvia Veronesi e i ragazzi di Undervilla che hanno avuto la pazienza di cercare l’ambientazione perfetta.

    Sottolineiamo le tue origini perché hai due nonni davvero importanti nel mondo della musica. Ovvero?

    Eheh! Sì esatto… Mia nonna è Mirella Freni e mio nonno Leone Magiera. Sono due artisti internazionali molto rinomati in campo lirico e forse parte della vena artistica è stata ereditata proprio da loro.

    Mattia, Quanto il loro nome ha influito sulla tua carriera che sta nascendo?

    Non credo abbia influenzato più di tanto. Mia nonna ha lavorato con etichette che si occupano di classica, tipo EMI e DECCA. Avesse avuto un contratto con Bombadischi, Mezcal, Carosello o che ne so, Warner, sarebbe senz’altro stata più utile per spianarmi la strada! Ma la mia è un’autoproduzione e solo a fine lavoro ho condiviso coi miei nonni il risultato
    Più che il nome è stata la loro presenza ad aiutarmi. Mia nonna mi ha dato 3 o 4 lezioni di canto trasformandomi e aiutandomi davvero tanto. Senza mai giudicarmi. Certo, è molto severa quando insegna, ma ci sta! Credo che voci e interpretazioni come la sua siano rare oggi in campo lirico. Mio nonno pur essendo di tutt’altra generazione musicale mi ha incoraggiato e sostenuto, persino sul suo profilo social. E io non me l’aspettavo. Sono onorato e felice di avere avuto il loro appoggio e non è stato per niente facile perché avevo paura ad espormi in famiglia.
    Ho sempre nascosto questo desiderio di fare musica fino alla fine degli studi in giurisprudenza e oltre. Avevo paura, solo negli ultimi due anni ho deciso di fare questo “coming out”.
    Ho aspettato di scrivere le mie canzoni, di arrangiarle, di inciderle, di averne tante e sono uscito così. Sorpresa! Non vi dico lo stupore dei miei famigliari! Ma il lavoro era buono, studiato, faticato, e lo hanno apprezzato.

     

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