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Intervista al cantautore Eugenio Finardi: un artista unico

Intervista al cantautore Eugenio Finardi: un artista davvero unico che durante la sua lunga carriera ha saputo spaziare dal Progressive al Rock, dal cantautorato al Blues. Fra i suoi più grandi successi “La Radio”, “Extraterrestre”, “Le Ragazze di Osaka” e, naturalmente, “Musica Ribelle”.

Lo abbiamo incontrato per voi prima della sua esibizione al festival “Teramo Natura Indomita”. Con lui sul palco anche Giovanni “Giuvazza” Maggiore alle chitarre e Federica Finardi Goldberg al violoncello. L’artista ha dato vita a quasi cento minuti di spettacolo durante il quale ha saputo incantare il suo pubblico. Ancora una volta Teramo si dimostra una città di musica, capace di reagire a questa crisi culturale che sta attraversando tutta l’Italia.

 

Intervista al cantautore Eugenio Finardi

Eugenio Finardi a Teramo. Un concerto che ha anche un senso di “rinascita”.  Come sta ripartendo la musica dopo il periodo che abbiamo vissuto?

In questo modo, stando a una degna distanza l’uno dall’altro. Io non approvavo le folle già da prima, la calca… Nei club era bello però… Adesso è quasi impensabile un ritorno a quella situazione ma così com’è organizzato oggi è un contesto splendido. Credo che noi musicisti dobbiamo adattarci alle condizioni.

“Milano Chiama” è il tuo ultimo brano, nato durante il lockdown. Qual è il messaggio di questa canzone?

Il messaggio nato all’inizio, nei primi giorni è di speranza e di lotta. Anche a questa cosa dovremmo reagire e trovo in un certo senso rassicurante anche se stiamo riuscendo a trasformare anche questa in una lotta tra umani, in realtà è la nostra prima invasione aliena, il primo terrestre ma non della nostra stessa terra che ci sta colpendo.

Il periodo della quarantena l’ha resa più creativo? Ha prodotto più musica?

No, nel periodo della quarantena ho apprezzato tantissimo il silenzio. C’è stato questo silenzio immenso, l’ho vissuto a Milano. Io tra l’altro vivo vicino a San Siro per cui sono abituato a boati. E’ stato un periodo in cui anche parlando con altri musicisti all’inizio è stato anche difficile suonare. Proprio perché il silenzio ti sfida in maniera importante. Poi pian piano è cominciata a nascere una musica che secondo  me si è calmata. Tutti abbiamo apprezzato questo. Se si potesse non rovinarsi economicamente ma vivendo un po’ più civilmente questa attenzione che dovremmo avere per gli altri: le distanze, il rispetto… Ci ha dato e ci sta dando una bella lezione…

Dopo una carriera quarantennale la musica di Eugenio Finardi dove andrà?

Andrà avanti, non so come e quando. Una cosa che ho notato è che questo è un momento in cui pubblicare il tipo di musica che faccio io ha poco senso. Quindi continuo a scrivere e a fare ma non necessariamente a pubblicare. Continuo a cercare, quello sì, ho voglia di suoni e anche di confrontarmi, edi usare l’autotune. Non ho la minima idea di come si usi ma mi piace. L’ha usato e sdoganato Paul McCartney

Tornerebbe a Sanremo dopo le esperienze passate?

No, per carità di Dio…  Anche l’ultima volta è stato uno sbaglio…

Eugenio Finardi è più famoso per il periodo con la Cramps, quello iniziale e che è rimasto più nella memoria collettiva… Lei pensa che sia in qualche modo replicabile una fase in cui gli ideali siano così importanti? Si suonava perché si voleva farlo e immagino che dalla Cramps non venisse pagato molti soldi…

No, nulla.

Se questo extraterrestre  tornasse cosa vedrebbe? Un’Italia diversa o simile a quella di 40/50 anni fa?

Io spero che tornino gli ideali con quella forza con quel potere di cambiare le cose ma che abbiano un fine, molto più unificante, non ideologico ma pratico cioè la salvezza di questo pianeta , per la vostra generazione, non per me. Io sono ancora in tempo per quello che vivrò, ma ho tre figli e ho paura per questo loro futuro. Si vede anche da un temporale  una bomba d’acqua. Stiamo  già vivendo Il futuro che è già qui vivo e presente. Dobbiamo sbrigarci, unirci. Se c’è una cosa che l’umanità deve combattere insieme sono proprio questi cambiamenti climatici. Il covid-19 fa parte, anche di questo, ne è uno dei sintomi di questo lento disfacimento…

In un certo senso il fatto che abbia colpito contemporaneamente tutto il pianeta ci ha anche reso  tutti consapevoli, anche inconsciamente,  che è un fenomeno planetario e che siamo responsabili di un pianeta, non solo del nostro orticello.

Spero quindi che torni una stagione ancora più ideologica e forse ancora più fanatica che non sia uno contro l’altro ma veda  tutti uniti per il cambiamento, per la salvezza.

Questa è la città di Ivan Graziani, un autore che sentiamo molto nostro, che è anche assimilabile al suo stile in quanto cantautore… Ci può raccontare qualche aneddoto su di lui?

Ivan è stato uno dei primi amici nell’ambiente. E’ stato un mio carissimo amico, siamo a tutt’oggi ancora amici di Anna, dei figli. Beh fate conto che io sto con la vedova di colui che ha disegnato la copertina di “Pigro”.  Pensate quindi a che legami ci sono fra noi. Se andiamo indietro al 1971/72 forse in un periodo in cui lui lavorava Milano, è stato con me di una generosità straordinaria perché lui aveva un lavoro bellissimo che tutti gli invidiavamo. Suonava in un ristorante a Brera pagato 20000 lire a sera che allora erano una cifra spaziale per suonare fra i tavoli a mo’ di piazzista le canzoni dei Beatles ecc. Ivan aveva la voce molto acuta e alta Cantava le canzoni, aveva questo dono per la melodia. Era anche un chitarrista straordinario. Era però meno forte sulla parte Blues e Rolling Stones e allora lui mi offrì metà di questa paga (cioè 10000 lire). Io ne avrei prese anche 5000 pur di aiutarlo, per girare. Lui faceva certe canzoni e poi quando ne chiedevano altre intervenivo io, altre le facevamo insieme. Insomma ho condiviso  un momento dove veramente facevamo tutti la fame: 10000 lire a sera erano una cosa impensabile. Credo di averci comprato la prima macchina con quei soldi. Pensa che un motorino all’epoca costava 200000 lire per dire (20 serate). Lui è stato generosissimo e per tutta la vita è stato un carissimo amico, proprio un fratello. Mi dispiace che non sia ricordato quanto altri che lo meritano meno.

Le foto nell’articolo “Intervista al cantautore Eugenio Finardi” sono dell’autore

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